Quando i dati discriminano by Donata Columbro

Quando i dati discriminano by Donata Columbro

autore:Donata Columbro [Columbro, Donata]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Erickson
pubblicato: 2024-03-24T23:00:00+00:00


Corpi

Se dobbiamo usare una oggettività situata, femminista, per capire le discriminazioni basate sui dati, non possiamo fare a meno di partire dai corpi. Soprattutto quando pensiamo alla progettazione di spazi, oggetti, servizi pubblici ma anche algoritmi che influiscono sulla vita di milioni di persone.

Varie autrici hanno dimostrato come l’assenza di dati che riguardano il corpo femminile — ma anche quelli che riguardano i bambini e le persone anziane — abbia influito ad esempio nelle politiche di urbanizzazione delle nostre città, aumentando la marginalità di comunità e persone fragili. La giornalista britannica Caroline Criado Perez, che cura una newsletter settimanale in cui affronta la mancanza di considerazione per il corpo delle donne nei dataset che riguardano ambiti come la medicina, la tecnologia, il lavoro e molto altro, all’inizio del suo libro Invisibili (2020) cita un esempio noto in cui il celamento del corpo, in quel caso, porta invece vantaggi, alle donne. Dopo una causa legale, negli Stati Uniti degli anni Settanta furono introdotte audizioni alla cieca per entrare nelle orchestre dove si valutava solo l’esecuzione senza poter sapere il genere di chi suonava. Il risultato? La presenza femminile all’interno della New York Philharmonic passò da zero a dieci rappresentanti (Criado Perez, 2020, p. 102). Criado Perez individua tutti i casi in cui l’essere umano di default, cioè l’uomo, è lo standard per quanto riguarda il design degli oggetti (così che molti modelli di smartphone risultano ad esempio troppo grandi per le mani delle donne), ma anche di farmaci quando mancano test clinici effettuati sui corpi femminili, e terapie mediche che potrebbero salvare vite, come il trattamento per le malattie cardiache, spesso calibrato sulle specificità del corpo maschile e quindi meno efficace sulle donne. Questa centralità dell’uomo come parametro di riferimento esclude non solo le donne, ma anche chiunque non si adatti a questo modello «standard», creando un ciclo di esclusione e discriminazione nei più svariati ambiti, dalla tecnologia alla salute, dall’urbanistica all’accessibilità degli spazi pubblici.

Nel libro La città femminista (2021), Leslie Kern, direttrice degli studi sulle donne e sul genere presso la Mount Allison University, evoca la sua esperienza di «corpo» di donna incinta (ma anche di madre poi, di adolescente prima) nel vivere la città, un’esperienza mai neutra, notando quanto il corpo cambi la percezione personale ma anche quella esterna a seconda che diventi più «visibile» (quando è in gravidanza) e «ingombrante», tanto che, afferma «è impossibile mimetizzarsi quando il tuo corpo è diventato improvvisamente proprietà pubblica» (Kern, 2021, p. 45). E nel suo Design justice (2020), la ricercatrice e designer statunitense Sasha Costanza-Chock mostra come il design può essere utilizzato sia per marginalizzare sia per liberare le comunità oppresse. Uno degli argomenti centrali del suo saggio è dimostrare quanto il design, inclusa la progettazione e l’analisi dei dati, sia intrinsecamente legato alle strutture di potere esistenti e possa riflettere e perpetuare le disuguaglianze sociali. L’interpretazione e la produzione dei dati non sono neutrali, ma sono influenzate da chi li sta raccogliendo, analizzando e interpretando, e da come vengono utilizzati i dati nel contesto sociale più ampio.



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